Un nuovo «spazio delle meraviglie» per bolognesi e turisti: le tre figlie aprono i quattro piani dove coesistono ambienti diversi. Dovrebbe diventare set del seguito di Diabolik di Fernando Pellerano.
Un nuovo spazio delle «meraviglie» si apre alla città. È l'appartamento di Renzo Savini, in via Letizia, a due passi dai Giardini Margherita: uno spazio che il proprietario, che non amava essere definito «collezionista», ha felicemente arricchito con gli oggetti e le opere trovate, raccolte, acquistate nel corso dei decenni.Una stupefacente e preziosa miscellanea di opere d'arte, manufatti di alto artigianato e reperti naturalistici. Un luogo magico e pieno di suggestioni dove Savini ha vissuto fino alla sua scomparsa con la famiglia. Le tre figlie, che ora raccolgono questa singolare eredità, sono cresciute in quelle stanze con le «meraviglie» paterne al posto delle bambole.
Lo spazio nato per raccogliere
Una sorta di grande Wunderkammer, come quelle delle corti europee del ‘600. Savini non raccoglieva per poi esporre, ma solo per un proprio piacere: osservare, toccare, spostare a proprio piacimento. In particolare nella piccola ed elegante Wunderkammer dalle pareti azzurre con i pezzi più amati.Il tutto all'interno di una casa speciale, voluta nel'64 dal padre Casto su progetto dell'architetto Raoul Bianconi. Un terra-cielo di 4 piani, finita sulle riviste di architettura per l'uso dei materiali e il costante gioco armonico delle grandi innumerevoli vetrate.
Cosa si può trovare
Talmente spettacolare, con i suoi affacci, la luce e i dettagli, che dovrebbe diventare la casa dell'ispettore Ginko nel sequel del film su Diabolik dei fratelli Manetti.La collezione non ha niente a che vedere con un archivio analitico e metodologico. «Papà, preparatissimo, agiva d'istinto, era un compulsivo», dicono le figlie. A casa Savini dove cade l'occhio lì viene catturato il pensiero. E la meraviglia. Anche per l'eterogeneità degli oggetti. «Pezzi» di Castiglioni, Gavina, Scarpa, statue dei presepi barocchi e ai pupi del ‘700, lacerti di bassorilievi rinascimentali incastonati nel muro, manoscritti e libri antichi, terracotte emiliane, anfore e capitelli, lampadari, incisioni, disegni del Tiarini o tele di Signorini, ma anche la «Piavola de Franza», bambola veneziana in cartapesta, mannequin antelitteram del ‘700 o un fascio di 30 cm in ottone argentato asportato (non da Savini) l'8 settembre del '43 dalla scrivania di un gerarca bolognese.
L'apertura da fine mese
Tantissimo altro materiale si trova nel seminterrato.La casa verrà aperta al pubblico su prenotazione a partire da fine mese (savinicultura@gmail.com). La figlia Benedetta farà da guida. Mentre Katia Tufano ha curato l'aspetto critico. Casa Savini sarà aperta anche per eventi culturali, come quello inaugurale di ieri con la presentazione del volume «L'Affare Modigliani» di Dania Mondini e Claudio Loiodice edito da Chiarelettere, con prefazione dell'ex procuratore Pietro Grasso e un intervento sul diritto d'autore dell'avvocato Lavinia Savini, una delle figlie, appassionata d'arte «chissà mai perché».